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Lavorare a mano: che senso ha?
Il ruolo della tecnologia e l’handmade
Il processo produttivo è sempre più accelerato, grazie all’utilizzo intensivo della tecnologia. In passato una donna impiegava diverse ore per lavare a mano i suoi vestiti; oggi, le occorre solo qualche minuto, il tempo di mettere tutto in lavatrice. Per percorrere l’Italia da nord a sud ci volevano mesi sopra un cavallo, oggi, meno di due ore seduti comodamente sull’areoplano, magari guardando la TV.
La tecnologia accorcia i tempi, allunga la vita, diminuisce la distanza e velocizza il lavoro. Certo, niente di questo è una grande novità, si vede dappertutto, se ne discute sui mass media.
Tutto bello, tutto buono, ma c’è anche il fatto che tutta questa comodità, in qualche modo, ci rende più pigri.
Perché imparare a guardare una cartina se posso arrivarci con il navigatore? Perché imparare a disegnare se Photoshop fa tutto quello che voglio? Normale.
Non c’è da spaventarsi, giusto?
Tante abilità manuali sono state abbandonate con il passare del tempo e dimenticate completamente per essere sostituite da nuove competenze. Oggi si caccia solo per sport, non più per fame. La vera caccia di oggi è la caccia al denaro, spesso vendendo se stessi e il proprio tempo. Come è stato detto prima, apparentemente non c’è problema.
Il futuro delle arti manuali e delle cose fatte a mano
Ma rimane una domanda : c’è ancora spazio per la sopravvivenza delle arti manuali e delle creazioni fatte a mano in un contesto del genere?
La produzione artigianale è molto più lenta e costosa. Il prezzo di un prodotto fatto a mano, unico, diventa perciò meno accessibile alle persone che desiderano acquistarlo, specialmente in tempi come questi, quando ogni risparmio è prezioso e non si sa fino a quando i risparmi dovranno durare.
Quello che si vede in giro non è incoraggiante. La crisi economica, in qualche modo, sta spazzando via le imprese più piccole che non possono competere con i prezzi e le condizioni imposte dalle più grandi. Insieme a questa “pulizia”operata dalle leggi di mercato, sparirà anche la nostra capacità di esprimerci con le mani e soprattutto di sopravvivere attraverso l’artigianato? E’ forse già un lusso per pochi? Un hobby per chi ha tempo e denaro?
Le scelte strategiche dell’artigiano
L’artigiano oggi, per sopravvivere, ha due scelte: la prima è quella di affidarsi ai commercianti. Meglio ancora alle catene commerciali più grandi. Queste hanno le risorse per comunicare attraverso i principali mass media, indirizzando i gusti delle persone a proprio piacimento e attirando un grande numero di clienti grazie a prezzi bassi e a un’ampia scelta. In questo caso, l’artigiano, se vuole entrare nel circuito del grande commercio dovrà cedere ad esso almeno il 50% del valore del prodotto e abbandonare in tutto o in gran parte la lavorazione manuale . Ma anche affidandosi ai negozi medio-piccoli più specializzati la percentuale da cedere al rivenditore rimane la stessa.
Sembra però che ci sia un’altra opportunità , ancora non del tutto consolidata: la rete. Internet ha il potere di disintermediare il mercato e avvicinare l’artigiano al cliente finale. Oggi il modello di business prevalente è quello per il quale quanto più sei distante dal cliente, e allo stesso tempo più vicino alla produzione, meno guadagni. Questa tendenza, almeno in linea teorica, si potrebbe invertire attraverso il web. Esistono diversi siti per vendere oggetti fatti a mano e sembrano riscuotere un crescente successo.
C’è almeno un problema da risolvere ancora: perché una persona dovrebbe comprare un prodotto artigianale, unico, senza averlo mai visto di persona o toccato prima? Siamo già arrivati alla situazione di fiducia per la quale a una persona è sufficiente vedere un lavoro via internet e acquistarla se le piace? Questa persona non è forse abituata a comprare soltanto qualcosa che conosce già? O di cui conosce già la marca?
Bioforme non conosce le risposte, ma continua a interrogarsi sul senso e sul futuro dell’artigianato artistico – del fatto a mano – per essere più consapevole e cosciente del proprio ruolo e della propria missione.
Si ringrazia Claudio, Amelia, Roberto, Michele e Biagio, allievi dei corsi di lavorazione artistica del legno per avere autorizzato Bioforme alla pubblicazione delle immagini contenute in questo articolo.
Lettura consigliata
Fatto a mano. Diario di un falegname filosofo
“Non considero la polvere sporcizia. La polvere è polvere.Posso riempirmi di polvere, al punto di essere completamente grigio, oppure posso sporcarmi. Sono due situazioni differenti.”
La storia la racconta, in prima persona, un esperto falegname e carpentiere norvegese cui la famiglia Petersen commissiona la ristrutturazione di una mansarda.
Siamo così condotti in un mondo che appare distante, l’universo del lavoro manuale, dell’artigiano, di chi disegna progetti su misura e lo fa con passione autentica e dedizione. Niente a che vedere con una spedizione domenicale all’lkea. Dal momento dell’incontro con il futuro cliente fino al trasferimento della famiglia nella nuova «ala» della casa, ecco un originale diario che dà conto, con un linguaggio essenziale e rigoroso, qua e là venato di nordica impudenza, di ogni più piccolo e fondamentale passaggio: la delicata trattativa fra le parti per accordarsi sul progetto, il calcolo del preventivo, l’organizzazione del cantiere, l’amorevole cura con cui il bravo artigiano sa e deve trattare i suoi preziosi attrezzi.
Un resoconto agile e ricco di spunti sul lavoro fatto a mano e sul suo valore identitario, sull’orgoglio del mastro artigiano, su cosa significhi piantare chiodi in un pezzo di profumato legno di pioppo. Sono il sudore, la fatica, i tagli sulla pelle, insieme alle frustrazioni e alle piccole esplosioni di gioia pura a fondare un lavoro ben fatto. Perché lavorare con le mani, in fin dei conti, è un ottimo modo – anche – per pensare.